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Brexit cosa cambia per le imprese che vendono e acquistano dal Regno Unito?

Il Regno Unito non fa più parte del mercato unico europeo. A distanza di quattro anni e mezzo dal referendum sulla Brexit infatti, si è concluso definitivamente il periodo di transizione necessario per un’uscita regolamentata, e i rapporti tra la Comunità Europea e la Gran Bretagna sono ora definiti dall’accordo tra il premier inglese Boris Johnson e i leader del vecchio continente.

Al suo interno si trovano tutte le indicazioni sulla cooperazione necessaria per lo scambio di beni e servizi, sulla concorrenza, sulla trasparenza fiscale, protezione dei dati, e molto altro ancora. Facciamo insieme il punto della situazione, per comprendere meglio cosa cambia per tutte quelle imprese che vendono e acquistano dal Regno Unito, e che riguarda molti ecommerce italiani.

Gli effetti su import/export della Brexit: le procedure doganali

Come anticipato, in seguito alla Brexit dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito non è più parte della Comunità Europea. Questo significa che a fronte della sua uscita dal mercato unico, verrà applicata una tariffa doganale, e che chiaramente non sarà più possibile una libera circolazione di beni, servizi, persone, e capitali da e per il vecchio continente. Il linea generale le operazioni di scambio saranno equiparate a quelle di esportazioni verso Paesi terzi, quindi assoggettabile all’art. 8 D.P.R. 633/72.

Questa decisione, seppur ci siano ancora aspetti da definire, riesce almeno in parte a mitigare le conseguenze della separazione dall’Europa del Regno Unito. Sarà necessario ad esempio assolvere l’obbligo delle procedure doganali, ma l’accordo fortunatamente semplifica le procedure per tutte quelle aziende che sono in grado di rispettare le regole legate all’origine delle merci elencate nell’accordo stesso. Nel dettaglio, è possibile vedere che non verrà applicato nessun dazio con le seguenti condizioni:

• Le merci abbiano il requisito di provenienza UE.
• Le merci esportate vengano spedite direttamente nel Regno Unito.
• L’esportatore sia in grado di fornire un’attestazione di origine valida all’importatore UK. In questo frangente, l’Unione Europea prevede che l’esportatore unionale sia in possesso di regolare registrazione nel sistema REX. Per tutte quelle spedizioni di valore inferiore ai 6.000 euro, è opportuno precisare che l’attestazione di origine potrà essere riportata direttamente sulla fattura.

In maniera speculare, per non vedersi applicato nessun dazio doganale sulle importazioni di merci con origine UK, la figura dell’esportatore avrà l’obbligo di specificare un numero identificativo in questo caso previsto dalle regole del Regno Unito, ovvero il codice EORI.

L’origine delle merci

L’accordo firmato da Regno Unito ed Europa in seguito alla Brexit permette di auto-dichiarare quella che è l’origine delle merci, ma soprattutto indica come sia possibile per le stesse non tenere conto solamente dei materiali originari usati, ma anche se la lavorazione avviene nell’Unione Europea o in UK. L’attestazione di origine dovrà rispettare alcuni requisiti, tra cui:

• Compilazione da parte dell’esportatore delle merci, che in questo caso è anche responsabile della veridicità delle informazioni riportate.
• L’attestazione può essere resa su qualsiasi documento in grado di descrivere in maniera dettagliata il prodotto, compresa la fattura, in modo da farne risultare semplice l’identificazione.
• L’attestazione ha validità 12 mesi dal momento in cui viene rilasciata.
• L’applicazione del documento potrà avvenire sia per un’unica spedizione di prodotti multipli, che su più spedizioni legate ai medesimi beni, entro il periodo suddetto di validità, ovvero 12 mesi.
• Il documento potrà essere redatto in una qualsiasi delle lingue UE.

Accordo di mutuo riconoscimento: che cos’è?

L’accordo post Brexit tra Unione Europea e Regno Unito è in grado di semplificare le procedure doganali attraverso il Mutual Recognition Agreement, ovvero il mutuo riconoscimento, della qualifica di Esportatore Autorizzato e di Operatore Economico Autorizzato (AEO). Per quanto concerne il trasporto di merci su strada tra il vecchio continente e la Gran Bretagna, l’accordo ha stabilito che:

• Ci sia un accesso illimitato da punto a punto per i trasporti, garantendo di conseguenza il diritto di transito in ogni territorio di entrambe le parti.
• Possano essere eseguite all’interno del territorio di una delle due parti fino ad un massimo di due operazioni extra.

IVA e imposte dirette: gli effetti della Brexit

Come anticipato, a partire dal 1° gennaio 2021 per quanto riguarda i rapporti commerciali tra Europa e Regno Unito dovranno essere osservate le regole applicate per le operazioni Extra-UE, ovvero:

• Per le cessioni di beni non si parlerà più di operazioni intracomunitarie. Questo significa che non dovrà più essere applicato il reverse charge che prevedeva l’obbligo di presentare gli elenchi INTRASTAT, ma tutti gli adempimenti legati a esportazioni e importazioni. In quest’ultimo caso dovranno quindi essere pagati dazi e IVA nel momento in cui le merci entrano nell’Unione Europea. Oltre a questo, non sarà nemmeno più possibile applicare la triangolazione per i beni che transitano nel Regno Unito.
• Per i servizi si dovrà continuare ad emettere fattura (art. 7-ter del DPR 633/1972). Nell’ipotesi di servizi ricevuti, non sarà più necessario procedere con l’integrazione della fattura, ma sarà sufficiente emettere un’autofattura.

Per quanto concerne i rimborsi IVA, secondo l’articolo 51 paragrafo 3 di quello che è l’accordo di recesso, un soggetto passivo del Regno Unito o dell’Unione Europea, dovrà ancora usare il portale elettronico previsto dal suo Stato di stabilimento. Ciò significa che vige l’obbligo di presentare una richiesta elettronica per ottenere il rimborso dell’IVA pagata nell’Unione o nell’UK, prima che termini il periodo di transizione, la cui scadenza è fissata per il 31 marzo 2021.

Per cercare di ridurre l’impatto sugli operatori dell’Unione di tutti questi nuovi adempimenti, ma anche per limitare i “danni” dovuti agli oneri amministrativi, la Commissione Europea ha proposto di inserire il Regno Unito nell’elenco di quei Paesi per cui viene ritenuta valido il documento EU001, ovvero l’autorizzazione generale di esportazione. Tale elenco, allo stato attuale delle cose include: Canada, Giappone, Australia, Norvegia, Nuova Zelanda, Svizzera e Stati Uniti.

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